Koselig #185 - nello spazio profondo nessuno vi sentirà gridare
Perché scrivere se non vuoi che qualcuno ti risponda?
In un passato che mi sembra lontanissimo ho aiutato diversi autori, di narrativa e di saggistica, a fare i loro primi passi nel fantastico mondo dei social media. A qualcuno bastava un cambio di prospettiva: non sono i social media, sono i tuoi lettori. A qualcun altro non sarebbe bastato un cambio di sistema solare e a loro dicevo che non è obbligatorio esserci se non vuoi, ci penseranno i tuoi lettori a portarti ai loro. A quasi tutti rimane(va) poco chiaro il perché un lettore non professionista dovesse (o potesse) commentare le loro opere. Per non professionista intendo: non un editor, non un altro autore, non un giornalista, non un libraio, non un bibliotecario. Oppure non un PHD, non un professore, non uno iscritto al mio ordine professionale. L’idea che un lettore potesse recensire un libro in pubblico senza averne i titoli risulta(va) indistintamente difficile da comprendere in pieno. Da lì, un’aha moment che ha condizionato il mio rapporto con i libri molto più delle biografie malsane di molti autori: per gli editori e per gli autori noi lettori non esistiamo. E se stiamo zitti è meglio, a meno che non sia per elargire stelline.
Ma ehi, sono un’autrice anche io. E ne conosco diverse e diversi molto disponibili e interessati, generose con il loro tempo, fino all’esaurimento. Da qualche parte possiamo ripartire, per esempio dalle risposte in privato (e anche in pubblico, che caspita, un like a un post in cui si consiglia un tuo libro non rovinerà la tua reputazione).
Io per prima sono un po' un disastro con i messaggi di Linkedin, diciamo in genere con i DM delle piattaforme, molto difficili da gestire e non saprei neanche dire perché. Sapendo di essere un disastro ci faccio attenzione, ho un alert settimanale, li vado a guardare, guardo anche nelle caselle misteriose di Instagram, ci rimango male se scopro qualcosa di inevaso.
Ricordo ancora, nel 1996, la mia meraviglia quando scrissi una mail all'autore di un manuale che stavo studiando (non ricordo chi), così, senza nessuna aspettativa, abituata allo stile di relazione di quasi tutti i miei professori (lunghe ore di attesa per pochi minuti di nessuna attenzione). Il professore statunitense rispose in poche ore come se fossi una sua cara amica. Un po’ come fa Amelie Nothombe, che ha costruito il suo “Una forma di vita” intorno alla corrispondenza con lettori e lettrici:
È vero che rispondi a tutte le lettere?
I giornalisti hanno sempre tagliato l’ultima parte della risposta: rispondo a ogni lettera «che lo merita». E sono tante, ho calcolato che ogni lettera «che lo merita» produce i 4/5 della posta. Un’enormità.
È vero che io non ricevo tanti messaggi e tante mail di questo tipo, ma un po' sì, e pensando alla meraviglia della risposta del professore e al racconto di una scrittrice che amo mi prendo sempre il tempo che posso per rispondere e anche di più. Giovedì scorso, per esempio, ho chiacchierato per un'ora con un ricercatore dell'università di Macerata che non finiva più di ringraziarmi non solo per i due libri sull'AI (ma grazie a te!) ma soprattutto per la mia gentilezza, per la mia disponibilità, con le sue parole "per non essere stata un muro come tutti gli altri".
Ora, visto che capita spesso anche a me di non avere un cenno di risposta a una mail o a un commento, mi chiedo: autori e autrici, ricercatori e ricercatrici, ma che male vi hanno fatto i vostri lettori? Non parlo dei prepotenti, non parlo di chi l'attenzione la pretende e pure subito, la estorce, la dà per scontata, ma di tutti gli altri: se non avete tempo per rispondere a chi vi legge, che scrivete a fare?
Un post per ridurre la pressione con uno sticker (anzi, tanti)
Libri letti e in corso
La famiglia di Jo Nesbø tradotto da Stefania Forlani. Nessuno ti trasporta in Norvegia come lui.
Kairos di di Jenny Erpenbeck tradotto da Ada Vigliani (20%, arranco un po’)
Project Hail Mary di Andy Weir, in originale (25%)
Serie tv
Severance (2), Criminal Minds (11), The Pitt (1), Chicago Med (10), Zero Day (1)
Serie un po’ abbandonate
Disclaimer (1), M, il figlio del secolo (1), Silicon Valley (1), Star Wars Andor (1), High Potential (1)
Serie finite
Reacher (3), un po’ noiosetta, ultima puntata dalle parti di Bud Spencer
22/11/1963, giusto finirla in questi giorni, per ricordare che la storia non è lineare
Paradise, il Don’t look up che mi meritavo.
Prime Target, una bellissima idea sprecata.
Blacklist. Sono in lutto. Il mondo senza Raymond Reddington e i suoi accoliti è molto meno interessante.
Silo. Una lentissima esplorazione del conflitto tra informazioni e bulloni, con un’eroina di cui non puoi più fare a meno.
Bulletproof, amata molto, nonostante tutto.
Killing Eve (4), quasi solo per fan. Consiglio la prima stagione e basta.
The Night Agent (2), un po’ confusetta.
The Agency (1), mi manca Malotru.
The recruit (2), cialtronissima e per questo impeccabile.
Incontri pubblici
Presentazioni di In principio era DeepSeek
venerdì 11 aprile, Rivanazzano terme, alle 18, con Stefano Gatti (seguono dettagli)
Agenda corsi
Story Hacking, il mio progetto di formazione & allenamento a bassissimo costo. Il prossimo incontro è il 29 marzo alle 17:30, parliamo di magia nera per fare le bolle, non di sapone.
Pronto Soccorso AI, 35 euro, un videocorso per avvicinarsi alle intelligenze artificiali.
Shopping
Che cosa ho comprato
Ricordo, soprattutto alle nuove arrivate (grazie!) che i consigli di questa newsletter non sono in vendita, però ogni tanto i libri che leggo mi vengono regalati dall'editore e su molti link c'è un codice di affiliazione, cioè se clicchi e compri io prendo una piccolissima percentuale (e a volte tu uno sconto).
Diventa host (abbiamo bisogno di host veri)
Readwise (app di condivisione di sottolineature)
You need a budget
Il Mannarino (bombette pugliesi) (sconto di 10 euro)
Nen (gas e luce)
Buon tutto. Grazie di esserci. Mafe
qui si pratica il femminile sovraesteso e anche una discreta anarchia linguistica