Koselig #157 - luoghi sicuri
di spazi al riparo dove scrivere e chiacchierare, di tigli e regine e furie e rossetti altrui
Buon lunedì 11 marzo,
a Milano ha piovuto per giorni e io ho perso il coraggio di uscire a correre lo stesso sotto la pioggia. Ricordo quanto mi piaceva, ben equipaggiata, ma non riesco più. Ci riproverò.
Da giorni ripenso a un equivoco. Parlando di recensioni di film ho scritto su Facebook che avevo smesso di scriverle perché “sono uscita dal luogo in cui le pubblicavo”. Per me era un concetto chiarissimo, è un po’ come smettere di bere Mojito perché ha chiuso il Movida, un bar dietro Corso Como dove per anni sono andata tutte le sere (tutte le sere).
Diverse persone però, e le ringrazio, mi hanno scritto per offrirmi di ospitare le recensioni sul loro sito, blog, newsletter o simili e lì ho capito che quel concetto a me chiarissimo tanto chiaro non era e che forse questo equivoco rivela qualcosa di poco evidente dei luoghi digitali: sono luoghi fatti di persone, prima di tutto, ma anche di spazi. Lo spazio dello scrivere - che è il titolo di un libro - 1990, decisivo - di Jay David Bolter - , è parte integrante dello strano processo che ci porta a fermare una serie di idee e a tradurle in parole. Spazio esterno - la stanza tutta per sé di Virginia Woolf - ma anche spazio intrinseco, il foglio bianco, la schermata, la penna, la tastiera. Prova a pensare alla differenza tra righe, quadretti o tutto bianco e poi chiediti se per te è uguale scrivere in una schermata di Word, di Wordpress, di Notes o di Facebook.
Le persone, poi. Per me scrivere una recensione per it.arti.cinema significava poterla discutere - anche ferocemente - con un gruppo di pari, quasi tutti dilettanti e quasi tutti versati nella rara arte della conversazione scritta senza che nessuno potesse salire in cattedra (lo spazio dello scrivere in quei luoghi non aveva gerarchie). A me non interessa(va) tanto essere letta (o commentata, come sarebbe successo poi con i blog): a me interessava pensare insieme a un film, anche litigando, molto cazzeggiando (facendo discussioni INUTILI) e prendendo tutti sul serio un’unica cosa, il cinema. Le persone, quindi, anche quelle che andavano e venivano.
Molte tra quelle persone sono rimaste nella mia vita e qualcuna è in un gruppo Facebook che si chiama Iaciners, ma non è la stessa cosa e non perché io non trovi comodi i gruppo Facebook. È che non è la stessa cosa, infatti non potrebbe esserci un altro Movida e il Nuovo Banco non era la stessa cosa del Banco. Scusa questo momento di nostalgia, sono in cerca di luoghi. Vorrei aver vicino un bar francese con le sedie di plastica sotto il tiglio.
Che cosa fa di un’interfaccia digitale un luogo? Dove, oggi, avrei voglia - urgenza! - di parlare degli Oscar? In questo momento in rete non ho uno spazio di scrittura e di conversazione dove mi sento davvero a mio agio, ma Substack ci si avvicina. E tu?
X-View - La zona di interesse
I lillà sono al di là del muro che recinta il giardino, un giardino che prima non esisteva, dice la moglie alla madre. È vietato coglierli, viene comunicato alle SS che al di là del muro lavorano, in un campo che non vediamo mai ed è quasi peggio, perché lo sentiamo, a differenza degli abitanti della casa, la famigliola felice che non vuole saperne di andare altrove. Non li vediamo i lillà, di là.
Io di mio sento sempre i rumori che nessuno nota, come se avessi delle cuffie attira-rumore. I rumori mi assediano e mi impediscono di pensare, anche quelli che non sono tali. I sussurri. La matita sul foglio. La posata sul piatto. La famiglia di Rudolf Höss invece no, è impermeabile al rumore, al dolore, alla morte che la circonda. La padrona di casa ha una pelliccia di visone solo da rammendare, un rossetto da provare, dei figli da crescere e da tenere puliti, strigliati, disinfettati, con quei fiori che crescono rigogliosi e molto, molto ben concimati.
Il problema della Zona di interesse è che la famiglia Höss siamo tutti noi. Non solo perché guardiamo i fiori mentre le “vittime delle vittime”, come Naomi Klein definisce i palestinesi, vengono sterminati e privati di tutto. Non solo perché, ancora oggi, ci accontentiamo di spiegazioni semplici per liquidare interi popoli - gli hutu, i serbi, i russi - e per dividere buoni e cattivi con quelle righe di frontiera che viste sulla carta gridano la loro assurdità. Siamo noi in quel consiglio di amministrazione ripreso dall’alto, che progettiamo sistemi sempre più efficienti per vendere, vendere, vendere morte, direttamente ma anche facendo percorsi tortuosi, fumo dal camino.
Il problema di Auschwitz non è dimenticarlo, è far finta di non vedere che è ancora al di là del muro che ci separa dai vicini. È non vedere che siamo come gli Höss e, contemporaneamente, che nel campo di concentramento viviamo noi. A volte, però, usciamo a nascondere le mele, nel buio.
Spigolature
Ho letto Tutto brucia, parte dell’universo narrativo della Regina Rossa, guardando la prima stagione della serie. Consiglio entrambi. Ho letto La meccanica degli spiriti e confermo che niente mi spaventa di più dell’idea di una vita dopo la morte. Ho letto La felicità del lupo e confermo che sono viva solo se sono in fuga, ma devo trovare una parola più bella per definirla. È Wander, ma la vorrei in italiano.
Oltre alla Regina Rossa sto guardando Furies, in francese. Trovatemi un tiglio a Milano.
Agenda presentazioni
18 marzo, 16:00, Firenze, “Intelligenza Artificiale: verso nuovi universi e paesaggi?” (formazione per insegnanti, ci si può prenotare)
26 marzo, 18:30, Milano, IED, presentazione di In principio era ChatGPT, con Alberto Puliafito e Nicola Landucci
10 aprile, online, presentazione per Sapere Digitale. Con Alberto Puliafito e Paolo Giovine.
Se vuoi organizzare una presentazione in una libreria, in una palestra, in piazza, ma anche in azienda o nella tua agenzia, scrivimi e organizziamo: ho ancora tante cose importanti da dire.
Agenda corsi
Il piano editoriale intelligente, online con Scuola Holden, sabato 6 aprile. Sconto del 10% con PIANOINTELLIGENTE .
quando vuoi: Pronto Soccorso AI, 35 euro, un videocorso per avvicinarsi alle intelligenze artificiali. Con un aggiornamento di
Alberto Puliafito che mostra come creare il tuo BOT con ChatGPT 4.
Ho una nuova definizione di storia: tutto quello che inizia male e finisce bene (o finisce). Se non c'è qualcosa che inizia male, anche solo sullo sfondo, non c'è storia. Se vuoi capire cosa vuol dire iscriviti a Story Hacking, il mio progetto di formazione & allenamento a bassissimo costo. Il prossimo incontro è il 19 marzo alle 12.
Shopping
Che cosa ho comprato
un cuscino termico per il collo con una fantasia bellissima
Ricordo, soprattutto ai nuovi arrivati (grazie!) che i consigli di questa newsletter non sono in vendita, però ogni tanto i libri che leggo mi vengono regalati dall'editore e su molti link c'è un codice di affiliazione, cioè se clicchi e compri io prendo una piccolissima percentuale (e a volte tu uno sconto).
Readwise (app di condivisione di sottolineature)
WestWing (bonus di 30 euro)
You need a budget
Il Mannarino (bombette pugliesi) (sconto di 10 euro)
Nen (gas e luce)
Buon tutto. Grazie di esserci. Mafe
Ti confermo che anche per me Substack e il luogo di conversazione preferito dell’ultimo periodo. Le vibrazioni che mi dà sono paragonabili a quelle che nel 2002 mi dava l’inizio della blogosfera.