Buon 17 aprile,
sono stata un po’ a zonzo e mi sono persa via. Rieccomi.
In questi andirivieni nel bar di un aeroporto mi è saltata addosso una rana di peluche, verde e con gli occhi sporgenti. Mi ha mozzato il fiato, come se avessi visto un fantasma, perché in un certo senso è quello che è successo. Tanti anni fa, forse era il primo anno del liceo, con gli amici si girava per negozi cercando idee per i regali di Natale. Io, incauta, presi in mano una verde rana di peluche. La rimisi subito a posto, scuotendo la testa, guardandomi intorno come dire “no no no NO!”. Niente da fare. A Natale scarto il mio pacchetto ed eccola lì. Una rana. A 14 anni. Che schifo. Che pena. È questo che pensano di me i miei amici? Una che vuole una rana per Natale? Un dolore immenso, come solo a 14 anni può capitare. Io mi sentivo un gatto, semmai. Una tigre. Un leone! Ma una rana?
Anni dopo, nel mantovano, vicino all’argine del Po, un graticcio improvvisamente si anima al mio arrivare. Decine di rane saltano, colorando di verde la terra scura.
Ancora tanti anni dopo, facendo yoga, mi animo anche io: pratica dopo pratica la mia posizione preferita non è più il piccione (cigno per i romantici), un’asana di allungamento e ripiegamento, ma Malasana, la ghirlanda, detta anche lo squat degli yogi. È la base anche dell’allenamento per la corsa secondo Daniele Vecchioni, l’accosciata. Si può fare in tanti modi, soprattutto se come me hai (ancora) difficoltà ad appoggiare i talloni, ma in qualsiasi modo tu ti accovacci, questo sei: una rana che sta per saltare (e quando Celeste Valenti, con cui pratico yoga, ci fa saltare, beh, saltare come una rana è la soluzione a molte tristezze). E quindi eccomi, fotografata da Carlo Campi che ha colto la mia anima di oggi: a 53 anni sono diventata una rana.
Non so se, tanti anni fa, quel regalo di Natale fu più attento di quanto potessi capire. Non so dov’è quella rana di peluche oggi, so dove sono io: mai nello stesso posto e libera dall’idea di essere così o colà, per sempre.
Spigolature
Ho finito Aspettando buone notizie e Tutti i bambini perduti, di Jackson Brodie mi resta solo un libro. Per centellinarlo ho letto Dietro le quinte al museo, il primo romanzo di Kate Atkinson, scrittrice di cui prima o poi parlerò più approfonditamente.
Ho letto Come d’Aria, che mi ha angosciato molto, perché mai avrei pensato che, ancora oggi. Mi fermo perché non vorrei angosciare anche voi, che sia una scelta. E ho letto Elogio dell'ospitalità. Riflessioni sul cibo e sul significato della generosità, un saggio molto importante che mi ha aiutato a mettere a fuoco perché mi irritano così tanto le fissazioni sulle ricette, sugli ingredienti, sulle provenienze. Non perché non siano importanti, ma perché devono servire a ospitare, non a tenere fuori.
Sto leggendo La scorciatoia, che consiglio a chiunque voglia capire (divertendosi pure) perché usiamo la parola “intelligenza” in modo stupido.
Sono andata al Podere l’Agave, per Pasqua. Ho cenato da Rovello 18. Ora sono a Taranto, perché mercoledì è un anno che mio papà non c’è più.
Agenda
quando vuoi: Pronto Soccorso AI, 35 euro, un videocorso per avvicinarsi alle intelligenze artificiali
il 27 aprile: la seconda Writers’ Room di Story Hacking, solo per abbonati (ma c’è un periodo di prova)
Shopping
Che cosa ho comprato (idea rubata a Domitilla che l'ha rubata al Post)
una camicia con strass che mai avrei scelto, sempre Marella; brava Noemi, del negozio di Corso Vittorio Emanuele
Ricordo, soprattutto ai nuovi arrivati (grazie!) che i consigli di questa newsletter non sono in vendita, però ogni tanto i libri che leggo mi vengono regalati dall'editore e su molti link c'è un codice di affiliazione, cioè se clicchi e compri io prendo una piccolissima percentuale (e a volte tu uno sconto).
Readwise (app di condivisione di sottolineature)
WestWing (bonus di 30 euro)
You need a budget
i fiori di Colvin
Hellofresh (primo pasto gratis)
Buon tutto. Grazie di esserci. Mafe
"Non perché non siano importanti, ma perché devono servire a ospitare, non a tenere fuori." -- Bravissima.